Ciao Automatikers!
Sono Max Formisano, speaker, scrittore e semplificatore.
In questo articolo continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del mondo del Public Speaking.
Qualora te le fossi perse, ti condivido altre due risorse che sono sicuro ti interessino.
Sempre sul magazine di AutomatiKing, abbiamo parlato di come parlare in modo chiaro in pubblico e superare la paura di emozionarsi troppo e anche di 10 motivi per cui dovresti diventare un esperto di Public Speaking. Dagli uno sguardo!
Stavolta ci concentriamo su un aspetto fondamentale di quando parli in pubblico, ovvero il pubblico. Più precisamente del loro stato d’animo.
Lo stato d’animo del tuo pubblico dipende da te, quindi vediamo come motivare il pubblico grazie a qualche semplice espediente.
Stato è l’insieme di pensieri, fisiologia ed emozioni,
in un certo momento (o nel “qui e ora”).
Essere coscienti di qual è il proprio stato e quello del proprio pubblico è importantissimo per un Public Speaker, Coach e qualunque altro performer. Non sapere come influenzare il proprio e l’altrui stato presente, inoltre, è come navigare in balia delle onde.
Il “loro” stato
Ora la domanda è: quali stati un Public Speaker deve innescare nel pubblico?
Semplice, dipende da che obiettivo hai in quel particolare momento.
Da quando inizi a parlare, tu comunque induci stati in chi hai di fronte, che tu lo voglia o meno e che tu ne sia consapevole o meno.
Quindi, la bravura sta nell’essere consapevole di quello che fai, degli stati che inneschi in relazione al messaggio che vuoi comunicare.
Ho definito gli stati anche: “tempi”.
Primo tempo: scegliere il proprio stato ed entrarci.
Secondo tempo: scegliere lo stato in cui far entrare il tuo uditorio e indurlo.
Lo chiamo secondo tempo perché devi necessariamente passare dal primo: tu “sei” lo stato che vuoi indurre.
Se non entri prima tu in quello stato, è difficile guidare anche con il linguaggio del corpo chi hai di fronte in quanto la congruenza è la prima regola, quando si parla di stato.
Non potremo mai infondere sicurezza quando trasudiamo dubbi da tutte le parti. Non potremo mai calmare qualcuno se siamo agitati noi stessi. E così via.
Come motivare il pubblico
Vediamo come usare, in questa cornice di congruenza, le 2 leve potenti per elicitare stati nel tuo pubblico.
1. AGIRE SUI PENSIERI
Ricorda che rivivendo mentalmente l’esperienza, ne recuperi anche lo stato.
a) La frase-àncora
“Vi è mai capitato un momento in cui vi siete sentiti particolarmente sicuri di riuscire a terminare un compito importante, di avere successo in quella cosa? Una volta in cui vi siete sentiti davvero i-nar-res-ta-bi-li?”.
E lo dici parlando non troppo velocemente, con tono alto, postura eretta, gestualità decisa, guardandoli negli occhi: perché tu sei lo stato che vuoi indurre.
Per me il momento giusto per dire questo, spesso, è alla fine delle 3 giornate di uno dei mie corsi, nella parte di motivazione all’azione.
b) Le storie
“La gente prova un grandissimo interesse per le storie personali che le vengono raccontate dagli oratori.
D. Carnegie
Sono lo strumento più sicuro per catturare l’attenzione: non trascuratelo.”
Racconti, metafore, favole, aneddoti, sono strumenti perfetti per indurre stati.
A volte mi basta sedermi, abbassare il tono e dire: “C’erano una volta due fratelli che camminavano in un bosco…” per vedere cambiare vistosamente la fisiologia dell’uditorio. Qualcuno si rilassa sulla sedia, qualcuno sorride, qualcun altro sembra inizi a sognare. Gli adulti adorano tornare bambini e sognare: hanno così poche possibilità di farlo, in questo mondo di “grandi”.
Non sottovalutare gli aneddoti.
Se cerchi con attenzione, troverai decine di esperienze che hai vissuto, per ogni singolo stato che vuoi indurre.
Seleziona le più adatte, scrivile da qualche parte –nel tuo quadernino di storie e aneddoti, se vuoi fare come me –e provale appena puoi.
Spesso sottovalutato, l’aneddoto permette ai partecipanti di conoscere un pezzetto della vita dell’oratore, magari un episodio divertente o “impegnato”, con una regola importante: deve avere a che fare con la situazione o con l’argomento in questione, deve essere evidentemente collegato a quello che stai per dire o all’oggetto dell’incontro.
Inoltre, la forza degli aneddoti sta nel fatto che svelano qualcosa di te all’uditorio e questo è fondamentale per creare un legame, un rapporto.
Infine, ti danno credibilità ed esperienza se li prepari per bene e non li usi per vantarti.
2. AGIRE SULLA FISIOLOGIA
Ho già detto che la fisiologia influisce sullo stato e quindi su come le persone si sentono. E che cambiare fisiologia è la maniera più veloce per cambiare stato. Dunque puoi ingaggiare fisicamente l’uditorio per provocare il cambio di fisiologia desiderato.
Suggerimento: fallo con garbo, leggerezza, senza nessun tipo di forzatura o peggio ancora costrizione.
Le persone sono diverse e reagiscono in maniera diversa. Non a tutte piace essere toccate/manipolate.
Requisiti: basta avere un po’ di coraggio di fare qualcosa anche se esce dai canoni di quella che si pensa essere la normalità (ricordi una volta in cui sei stato particolarmente coraggioso?). Dopo le resistenze iniziali, le persone apprezzano le differenze e soprattutto apprezzano le cose utili. Ma senza esagerare, mai dare l’impressione di perdere tempo e soprattutto… mai perdere tempo!
Tre piccole strategie: ovviamente vanno valutate “cum grano salis” ovvero in relazione al contesto, all’obiettivo, all’esperienza ed alla situazione in generale:
- chiedi di cambiare posti, non solo dopo ogni break ma anche quando li vedi tendenti al suicidio da stanchezza, noia o digestione. Dai un minuto di tempo affinché tutti cambino posto… “a partire da adesso!”
- suggerisci di stirarsi come fanno i gatti, maestri in quest’arte e dai tu l’esempio con uno sbadiglio gigante associato ad una stiracchiata super; stirarsi è un’attività umana naturale e utile: non gli stai chiedendo mica di mettersi le dita nel naso!
- trova una scusa per farli alzare tutti in piedi e tenerli così per un paio di minuti. Digli che in questo modo vedono meglio il disegno che stai per fare alla lavagna o digli quello che ti pare, ma trova un modo per fargli alzare il sedere per un po’: ti ringrazieranno.
Il mio nocciolo duro
Scelgo il mio stato ovviamente in base al contesto ed agli obiettivi.
Mi è molto utile immaginare quello che chiamo il mio “nocciolo duro”: un concentrato di energia (suggerisco che ognuno gli dia la forma che preferisce, la mia è appunto un “nocciolo” di energia) che visualizzo nel mio corpo, pochi centimetri al di sotto dell’ombelico, lì dove gli orientali identificano il nostro centro vitale, il luogo della nostra forza, l’essenza individuale.
Il termine cinese è qi, il giapponese ki (気) e ci in coreano.
Nella cultura tradizionale induista è prana.
È il nome dato all’energia “interna” del corpo umano ed anche tanto altro.
Faccio due respiri profondi, radico i piedi a terra con due piccoli colpi un po’ rumorosi, entro immediatamente nello stato e sorrido a me stesso per esserci entrato.
Ecco gli stati che ricerco maggiormente:
- curioso/pronto a tutto
- inscalfibile
- bilanciato
- riflessivo
- divertente
L’autoironia è fantastica per indurre uno stato piacevole e divertente.
Se per caso non sei capace di prenderti in giro e ridere di te stesso, hai qualcosa su cui riflettere seriamente.
In particolare, i “miei” corsisti sanno quanto mi piaccia innescare:
- il valore dell’impegno per ottenere risultati
- il valore della sfida
- l’importanza dell’eccellenza
- molto altro ancora…
“Chi non sa ridere non è una persona seria.”
Pino Caruso
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